La follia vera e la follia simulata, ecco ciò che Pirandello mette in scena e tenta di analizzare con la sua opera. La follia vera, quella causata dall?incidente a cavallo, ha allontanato il protagonista dalla società. La follia segna uno stacco netto dalla sua vita passata in favore di un?identità nuova e diversa dalla precedente, un?identità che in qualche modo gli preclude ogni possibilità di poter tornare indietro. Quando infatti la vera follia svanisce, il protagonista si rende conto che le cose non sono più come prima. Subentra allora, quasi per necessità, la follia simulata e dunque il personaggio di Enrico IV viene a rappresentare il simbolo dell'auto-emarginazione. La maschera diventa il rifiuto al conformarsi a una società alla quale lui non si sente più di appartenere. Società a sua volta di maschere, dove ognuno interpreta un ruolo, nelle quali il vero flusso della vita è fermo come fosse cristallizzato. Enrico non può evadere dalla realtà che lo circonda, dalla realtà nella quale si è trovato a esistere, è una gabbia di solide sbarre. Accettare la follia che tutti gli prescrivono diventa allora l'unico modo per evadere da essa. La follia in qualche modo lo rende libero. È proprio questa la differenza fra Enrico e Vitangelo Moscarda, protagonista di "Uno, Nessuno e Centomila". Mentre il secondo tenta di distruggere la realtà che lo circonda, il primo la accetta, "per vivere con la più lucida coscienza" la propria pazzia.