"La banalità del male" è un saggio di Hannah Arendt. Il libro parte dal processo di Adolf Eichmann, un gerarca nazista. Il suo processo creò sdegno perché non fu mai legalmente arrestato, ma rapito dai servizi segreti. Arendt, ascoltando il dibattito in aula durante il processo, giunge alla conclusione che l'imputato faceva del male, non perché era una persona maligna, ma perché era inconsapevole di ciò che avrebbero provocato le sue cattive azioni. La sua ventesima edizione è stata pubblicata nel 2013.