Il poeta greco Esiodo scrisse riguardo la fenice lodandone la sua longevità. Erodoto, invece, ci fornisce maggiori dettagli. Egli infatti prima la descrive fisicamente paragonandola ad un aquila con tutte le penne di colore rosso tranne quelle della chioma che, invece, sono dorate; ne descrive poi le abitudini: un animale molto raro da vedere poiché, come affermavano i sacerdoti di Eliopoli, si mostra solo alla morte del padre, cioè ogni 500 anni circa; la fenice alla morte del padre ne prende il corpo e lo porta al tempio del dio Sole. Il poeta latino Ovidio, invece, ci descrive la fenice come un uccello unico nel suo genere poiché essendo solo una al mondo non si riproduce come tutti gli altri animali ma per riprodursi si crea un nido in Arabia da qui l'appellativo araba, con delle piante aromatiche, esala l'ultimo respiro e dalla carcassa nasce una nuova fenice che, una volta cresciuta, compirà lo stesso gesto di portare il corpo del padre al tempio del dio Sole.