Vediamo perché si parla della pazzia nei quadri di Vincent Van Gogh. L'artista nacque in Olanda nel 1853 a Zundert. Morì, nel 1890, ad Auvers-sur-Oise, a soli 37 anni, per una ferita provocatosi da un'arma da fuoco. Prima di questo gesto che lo portò alla morte, dipinse la sua ultima opera quasi come una previsione, una tela ad olio con un volo di corvi in un campo di grano. La sua vita fu tormentata da molte delusioni, tra queste anche quella di non essere stato accettato all'Accademia delle Belle Arti. Confidente e grande amico, fu per lui, il fratello Teo. Un mercante di opere d'arte che, per un periodo fu anche il suo mecenate. Teo rimase sempre accanto al fratello, aiutandolo anche economicamente. La sua vita trascorse tra l'arte ed il suo sogno irrealizzato di farsi prete. Le sue precarie condizioni di salute non gli permisero però di realizzare questi sogni appieno. Quella che definiamo pazzia nei quadri di Vincent Van Gogh, è una rabbia ed una frustrazione dovuta ad un'eccessiva sensibilità ed ad un senso di precarietà della vita e delle sue aspettative. Dedito fin da bambino alla passione per il disegno, iniziò a dipingere all'età di 30 anni. Nel 1886 scoprì il movimento impressionista a Parigi e ne rimase folgorato. Scelse definitivamente la strada dell'arte per esprimere il proprio mondo interiore.